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Intervista al Dr. Giuseppe Innella sulla Sindrome Brachicefalica.

Dr. Giuseppe Innella DVM, PhD.Responsabile del Servizio di Endoscopia Rigida e Flessibile Diagnostica/Interventistica - Clinica Veterinaria San Giorgio - Reggio Calabria. Gruppo Endovet – Reggio Calabria.


Intervista:


D - In cosa consiste la Sindrome Brachicefalica? Si tratta di un problema ereditario?


R – La Sindrome Brachicefalica è una patologia tipica delle razze a muso “corto”, come ad esempio bulldog inglese e francese, carlino, boston terrier, pechinese, shi-tzu e cavalier king charles spaniel giusto per citarne alcune. Anche se in misura molto minore, sono interessate anche i gatti come i persiani. In queste razze, l’attività di selezione ha fissato una serie di caratteri anatomici che da un lato ne hanno accresciuto la popolarità in maniera esponenziale - basti pensare che, secondo i dati dell’associazione britannica The Kennel Club, il numero di bulldog francesi regolarmente registrati è aumentato da 350 nel 2004 a 6990 nel 2013 e quello dei carlini, nello stesso periodo, è aumentato di quasi 5 volte (da 1675 a 8071) – dall’altro hanno avuto un forte impatto sulla funzionalità delle prime vie aeree. La conformazione cranio-facciale tipica di questi cani è resa possibile grazie alla precoce chiusura dei centri di ossificazione responsabili dell’allungamento in lunghezza delle ossa del cranio. Questo evento può essere considerato come il “peccato originale” nella patogenesi della sindrome: nel momento in cui i centri di ossificazione si chiudono, la crescita delle ossa del cranio si arresta mentre quella dei tessuti molli continua fino a che questi risultano compressi, come se fossero chiusi in una scatola troppo piccola. Le anomalie morfologiche che caratterizzano la sindrome brachicefalica possono essere distinte in primarie e secondarie. Quelle primarie, sono congenite (sono presenti fin dalla nascita) ed ereditarie (sono il frutto dell’attività di selezione). Sono rappresentate dalla stenosi delle narici, dalla ipertrofia dei turbinati nasali, dalle conche nasali aberranti rostrali e caudali, dal palato molle allungato, mucosa faringea ridondante e dalla macroglossia (lingua di dimensioni eccessive).



Fig. 1: “La fabbrica dei Carlini”.


Queste anomalie, di fatto, determinano un restringimento delle vie aeree superiori in diversi punti e una conseguente ostruzione al passaggio dell’aria durante la respirazione. Tutto ciò comporta un aumento dello sforzo inspiratorio, cioè del lavoro che i muscoli respiratori (muscoli intercostali e diaframma) devono compiere per permettere all’aria di raggiungere il polmoni, sede degli scambi gassosi. A lungo andare l’aumento dello sforzo inspiratorio causa uno sbalzo pressorio (aumento della pressione negativa all’interno del lume) che può portare ad un progressivo collasso delle vie aeree. E’ così che compaiono le alterazioni secondarie della sindrome brachicefalica, quelle acquisite, che compaiono come conseguenza delle primarie e sono rappresentate dal collasso laringeo (I° II° e III°), tracheale e bronchiale. Anche l’ipoplasia tracheale, un alterazione dello sviluppo che comporta una riduzione del diametro tracheale, spesso presente in questi soggetti può contribuire all’ostruzione. Bisogna sottolineare però un aspetto importante. Tutti i soggetti brachicefalici ereditano un insieme di caratteristiche morfologiche che li predispone ad avere problemi respiratori ma, fortunatamente, non tutti si ammalano. In alcuni soggetti, nei quali la selezione ha fissato questi caratteri in maniera meno “pronunciata” la sintomatologia è assente, in altri casi è così lieve da non incidere sulla qualità della vita del cucciolo. Altre volte soggetti con sintomatologia lieve-moderata vanno incontro, in un tempo variabile da caso a caso, ad un peggioramento che si manifesta non appena compaiono le alterazioni secondarie della sindrome.

L’andamento cronico-progressivo rende a volte difficilmente prevedibile “quanto” e “quando” un paziente possa peggiorare, soprattutto se ci si basa sulla “semplice” visita clinica. L’unico modo per fare una previsione attendibile è quello di ricorrere alla visualizzazione diretta delle strutture coinvolte mediante un esame endoscopico chiamato “Stadiazione BAOS” che permette di QUANTIFICARE la gravità della sindrome e di stabilire se un dato soggetto dovrebbe essere operato o meno.


D: Quali sono i principali campanelli di allarme e i sintomi della sindrome?


R: I sintomi possono essere molto variabili e dipendono dal grado di ostruzione delle vie aeree e dal punto in cui questa è presente. Nei casi lievi, ad esempio, è presente un rumore respiratorio tipico (stertore) legato all’ostruzione del flusso d’aria a livello nasale per la presenza di stenosi delle narici, ipertrofia dei turbinati e conche nasali aberranti rostrali e caudali. Nelle forme moderate/gravi accanto alla tipica respirazione “russante” dovuta al palato molle allungato o allo “stridore” respiratorio presente in caso di collasso laringeo, sono presenti intolleranza all’esercizio fisico oltre ad atteggiamenti di vera e propria fame d’aria: abduzione degli arti anteriori, aumento della frequenza e dello sforzo inspiratorio, mucose pallide o cianotiche. In alcuni casi possono perfino comparire episodi sincopali e morte improvvisa.

In un autorevole studio francese condotto su 73 cani appartenenti a razze brachicefaliche, gli autori hanno definito una scala di gravità delle manifestazioni respiratorie (lieve, moderato, grave) considerando la presenza/assenza di alcuni sintomi respiratori quali russamento, aumento dello sforzo inspiratorio, intolleranza all’esercizio fisico ed episodi sincopali, e la rispettiva frequenza con la quale si presentano - mai, occasionalmente, regolarmente, quotidianamente, spesso e costantemente. Secondo questa scala di valutazione un soggetto brachicefalico con russamento costante andrebbe sottoposto ad ulteriori accertamenti perché, soprattutto in presenza di altri sintomi associati, è considerato clinicamente grave al pari di uno che ha avuto un episodio sincopale occasionale.Nella casistica presentata i pazienti con sintomatologia lieve erano appena il 2,7% mentre quelli con sintomatologia moderata erano il 27,4% e quelli gravi il 69,9%. Questi dati devono fare riflettere anche su un altro aspetto: la sintomatologia “percepita” dal proprietario solitamente è sempre di entità più lieve rispetto alla realtà, e questo è dovuto in parte all’opinione dominante per lungo tempo che ha considerato la respirazione “russante” dei cani brachicefalici come un fatto del tutto normale se non addirittura divertente.Mentre nell’uomo la definizione di “dispnea” comprende anche le sensazioni percepite ed il risvolto emotivo di chi sperimenta la sensazione di fame d’aria (ansia, paura e depressione), questo aspetto è stato per anni trascurato nel cane semplicemente perché quest’ultimo non è in grado di riferirle perché non parla. Studi recentissimi dicono l’esatto contrario. Un indagine neozelandese condotta presso l’Animal Welfare Science and Bioethics Centre introduce finalmente ed in modo ufficiale il concetto che la sensazione di “fame d’aria” rappresenta una questione rilevante quando si parla di benessere animale. A questo proposito alcuni studiosi britannici hanno studiato l’impatto della conformazione facciale sulla salute del cane attraverso misurazioni del cranio su una popolazione di circa 700 cani, e hanno visto che il rischio di insorgenza di sintomatologia respiratoria ostruttiva aumenta esponenzialmente quando il rapporto tra la lunghezza del cranio e quella del muso diventa minore di 1/10.


D: A che età si possono manifestare i primi sintomi di una sindrome brachicefalica?

R: Alcuni sintomi possono manifestarsi sin dai primi mesi di vita. Quelli legati alle anomalie secondarie, invece sono acquisiti e possono comparire dopo un tempo variabile provocando un peggioramento, a volte drammatico dei sintomi. A causa di questo andamento cronico progressivo della malattia, sintomi apparentemente banali come il russamento o l’intolleranza all’esercizio fisico non andrebbero mai sottovalutati. Identificare e quantificare precocemente le anomalie primarie prima che insorgano quelle secondarie è fondamentale in quanto condiziona anche la riuscita di un eventuale intervento chirurgico al palato.

E’ intuitivo che se l’ostruzione è legata solo alla presenza del palato molle i risultati saranno eccellenti, mentre se è presente anche collasso laringeo o collasso bronchiale i risultati possono essere molto diversi da quelli attesi. Per questo motivo è imperativo condurre l’esame endoscopico PRIMA di pensare a qualsiasi forma di chirurgia.

D: Una tracheite o una tonsillite possono essere confusi con una sindrome brachicefalica?

R: La tracheite, cioè l’infiammazione della trachea, può dipendere da infezioni batteriche o virali. In questo caso viene frequentemente riscontrata nei soggetti giovani, non vaccinati, soprattutto d’importazione, in quanto le condizioni di sovraffollamento e lo stress legati al trasporto in cani così giovani favorisce la diffusione di infezioni delle prime vie respiratorie. Si tratta di una forma caratterizzata da una prognosi assolutamente benigna, soprattutto se identificata e trattata in maniera tempestiva con una adeguata terapia antibiotica e di supporto.

Le tonsille, invece, sono costituite da tessuto linfoide e rappresentano una prima linea di difesa aspecifica in un distretto, il cavo orale, particolarmente esposto a minacce di ogni tipo (chimiche, fisiche, batteriche e virali). La tonsillite consiste nella infiammazione delle tonsille palatine e generalmente causa disfagia, cioè difficoltà a deglutire, o inappetenza ed in alcuni casi episodi febbrili.

Non di rado capita di valutare dei pazienti ai quali sono state diagnosticate condizioni infiammatorie a carico di trachea o tonsille sulla base della sola visita clinica. Spesso i proprietari riferiscono di aver eseguito terapie antibiotiche ed antiinfiammatorie per 1-2 settimane, ma in seguito alla sospensione dei farmaci i sintomi si ripresentano. Questi pazienti meritano degli approfondimenti diagnostici, soprattutto se si tratta di soggetti brachicefalici. Nei cani brachicefalici, infatti, spesso i meccanismi di difesa locali risultano meno efficienti a causa di una infiammazione che coinvolge faringe, laringe, tonsille e trachea. In questi casi la causa non è infettiva e la sintomatologia può recidivare dopo la sospensione dei farmaci. Bisogna dunque stare attenti a non confondere la causa con l’effetto. Pazienti affetti da sindrome brachicefalica che soffrono di problemi ricorrenti riconducibili a stati infiammatori delle prime vie aeree dovrebbero essere controllati in maniera più approfondita mediante esame endoscopico.

Un’altra possibile diagnosi differenziale è rappresentata dal collasso tracheale, una anomalia che a volte compare nei pazienti con sindrome brachicefalica e che può manifestarsi con tosse. La trachea è un condotto circolare costituito dalla successione di anelli cartilaginei incompleti. La porzione superiore è completata dalla presenza del muscolo o membrana tracheale dorsale, il quale decorre per tutta la lunghezza della trachea. Nel collasso tracheale si verifica uno schiacciamento delle pareti della trachea con conseguente riduzione del lume e ostruzione al flusso aereo. Nei casi più gravi la parete dorsale e quella ventrale della trachea possono addirittura toccarsi, e questo contatto continuo tra le superfici della mucosa innesca un infiammazione che si manifesta con la tosse.


D: Lo starnuto inverso è contemplato nella sindrome brachicefalica. Può spiegare di cosa si tratta?


R: Lo starnuto inverso o “reverse sneezing”, come indicato dalla terminologia anglosassone, non è altro che un riflesso di aspirazione meccano- sensitivo, ed ha una funzione protettiva in quanto serve ad espellere particelle irritanti dal rinofaringe attraverso la bocca prima che possano giungere alle vie aeree inferiori. Si manifesta con uno sforzo inspiratorio parossistico, molto rumoroso e ripetuto in maniera continuativa che spesso è motivo di grande preoccupazione per i proprietari. In realtà è una condizione innocua per il cane e può manifestarsi nei soggetti affetti dalla sindrome a causa della infiammazione cronica delle prime vie aeree.


D: Che cosa è la stenosi alle narici? Da quali sintomi è riconoscibile? Come si può intervenire?

R: La stenosi delle narici consiste in un restringimento delle narici ed è facilmente evidenziabile visivamente in molti soggetti brachicefalici. Può essere di grado lieve, moderato o grave ed è dovuta al fatto che la cartilagine alare, che sostiene la parte laterale del tartufo va incontro a cedimento con conseguente deviazione mediale e restringimento della narice. L’aumentato sforzo inspiratorio conseguente alla presenza di questa anomalia si manifesta spesso con la presenza di rumori respiratori, con una riduzione della colonna d’aria emessa e con respirazione a bocca aperta e retrazione della commessura labiale.

La correzione della stenosi delle narici richiede un intervento chirurgico che consente di ridurre il volume dell’ala del naso e di aumentare l’ampiezza delle narici (rinoplastica a cuneo orizzontale o verticale).Esiste anche una tecnica conosciuta come “alapessi” che consente di ancorare l’ala del naso la cute adiacente ripristinando il flusso d’aria attraverso la narice corrispondente. L’intervento viene eseguito nella stessa seduta della stadiazione BAOS, in modo da evitare di ripetere l’anestesia nello stesso soggetto.

Anche l’ipertrofia dei turbinati gioca un ruolo nella ostruzione delle prime vie aeree. Il trattamento può essere effettuato sia chirurgicamente che laser assistito, anche se il tasso di ricrescita dei turbinati è relativamente elevato.


D: Che cosa è il velo pendulo, come riconoscerlo o riscontrarlo, quali rischi comporta e come correggerlo ?


R: Il velo pendulo o palato molle rappresenta un prolungamento del palato duro ed è costituito da una lamina muscolare rivestita da mucosa che ha la funzione di isolare la parte posteriore delle cavità nasali dalla bocca durante la deglutizione impedendo così che frammenti di cibo prendano la via “sbagliata”. Normalmente non prende contatti con la cartilagine epiglottide, ma nelle razze brachicefaliche può presentarsi di dimensioni esagerate, sia in termini di lunghezza che di spessore, ostruendo il laringe e provocando i segni tipici dell’ostruzione delle vie aeree sospettata nei soggetti con respirazione russante o con segni di ostruzione moderata/grave delle vie respiratorie. Non è evidenziabile alla visita clinica, perché spesso i cani affetti a causa della difficoltà respiratoria non si lasciano ispezionare in maniera adeguata la cavità orale. La sua presenza può essere evidenziata radiologicamente eseguendo una proiezione latero-laterale della regione della testa e del primo tratto del collo. Si possono così evidenziare le strutture anatomiche in esame ed i reciproci rapporti. Una volta confermato il sospetto si può procedere all’esame di stadiazione BAOS, che consiste in una ispezione endoscopica delle vie aeree che permette al medico veterinario di stabilire il grado di ostruzione, la necessità di intervenire chirurgicamente, e soprattutto stabilire una prognosi cioè fare una previsione di quanto possa migliorare la situazione.

L’intervento di resezione del palato molle o stafilectomia, comporta la resezione del tessuto in eccesso e permette di ripristinare la pervietà delle vie aeree. Può essere eseguito con diverse tecniche, da quella tradizionale di resezione con forbici e ricostruzione con materiale da sutura riassorbibile, all’impiego del laser o del bisturi armonico (Enseal). Gli studi condotti sulla efficacia di questo tipo di interventi ci dicono che nella maggior parte dei casi (fino al 95%) la prognosi sul lungo periodo è ottima/eccellente, che il tasso di mortalità è estremamente basso e che i migliori risultati si ottengono quanto più sono giovani i soggetti sottoposti a queste procedure.

Purtroppo ancora c’è molta disinformazione su questo tema, ed alcuni proprietari o allevatori sconsigliano l’intervento proprio perché “falsamente” associato a rischi anestesiologici molto elevati.


D: Il megaesofago è contemplato in tale patologia? cosa comporta e come si manifesta, quali sono le indagini da fare e come risolvere il problema?


R: Il megaesofago è una patologia della motilità dell’esofago caratterizzata da una sua paralisi diffusa associata ad una sua grave dilatazione e si presenta con rigurgito. Può essere congenito o acquisito, oppure primario (idiopatico) quando non è possibile identificarne una causa oppure secondario a patologie tra le quali la myasthenia gravis o l’ipotiroidismo. Si tratta quindi di una patologia a se stante. Non esistono studi che mettono in relazione la sindrome brachicefalica con un aumento del rischio di sviluppare megaesofago.

E’ anche vero che molti soggetti brachicefalici sono caratterizzati da un esofago con andamento tortuoso e pliche mucosali ridondanti, esagerate. Inoltre a causa dell’aumento dello sforzo inspiratorio, molti di questi pazienti tendono a sviluppare ernia iatale, cioè la dislocazione di una parte dello stomaco nel torace attraverso lo iato esofageo.

Queste anomalie anatomiche, unitamente al fatto che i pazienti con dispnea ostruttiva tendono ad ingoiare aria (aerofagia) nel tentativo di respirare sono state descritte in diversi studi, nei quali viene stabilita una relazione di causa- effetto tra la sindrome brachicefalica e la presenza di sintomi di disfunzione dell’apparato digerente (ipersalivazione, rigurgito e vomito). Questi sintomi vanno attenzionati adeguatamente e possono andare incontro a miglioramento in seguito al trattamento chirurgico della sindrome al pari di quelli respiratori.

D: Qual è la sintomatologia del palato molle e quali le prime avvisaglie per riconoscerlo. Che tipi di esami consiglia per riscontrarlo, e quali sono le tecniche per sopperire a tale problema?


R: La presenza del palato molle allungato dovrebbe essere sempre sospettata in tutti i pazienti con respirazione “russante” associata a segni di difficoltà respiratoria come respirazione a bocca aperta, abduzione degli arti anteriori durante l’inspirazione, aumento della frequenza respiratoria sia a riposo che sotto stress. L’esame endoscopico, condotto in anestesia, consente la visualizzazione diretta del palato molle e la conferma del sospetto diagnostico.

La soluzione del problema è chirurgica (stafilectomia) eseguita con tecnica tradizionale, oppure mediante l’impiego del laser o del bisturi armonico (Enseal). Questo tipo di intervento dà i suoi risultati migliori quando viene eseguito su pazienti giovani (dai 4 mesi ai 2 anni) prima ancora che si stabiliscano le alterazioni secondarie della sindrome (collasso laringeo di I°- II°-III°, collasso bronchiale).


D: Più volte ci siamo trovati innanzi a professionisti che "abusano" dell'inesperienza del singolo privato cercando di operare soggetti su i quali poi si scopre non vi era necessità, può spiegare quando effettuare tale intervento? È vero che in certi casi potrebbe risultare inutile e pericoloso e quanto invece potrebbe risultare deleterio il non intervento, qualora la sindrome fosse realmente manifesta ?


R: Senza entrare nel merito di presunti o reali “abusi” professionali a scapito del singolo privato, ciascuno di noi oggi ha la possibilità di informarsi in maniera adeguata grazie ad internet, ma si può fare ancora molto. Il “gruppo endovet” ad esempio, del quale ho il piacere e l’onore di fare parte, si occupa tra le altre cose di mettere a disposizione “conoscenza” affinchè sempre più colleghi siano preparati a riconoscere i sintomi della sindrome e sappiano consigliare al meglio i propri clienti sul da farsi. Un ruolo importante giocano anche gli allevatori che da un lato devono mettere in atto una selezione che tenga conto dei problemi che possono derivare dalla estremizzazione di alcune caratteristiche morfologiche, e dall’altro dovrebbero sensibilizzare di più i futuri proprietari che spesso arrivano dal medico completamente all’oscuro dell’esistenza di questa problematica.

I cani che appartengono alle razze brachicefaliche potenzialmente sono “tutti” affetti dalla sindrome, ma da qui a doverli sottoporre alla chirurgia indiscriminatamente tutti ne passa… Sicuramente bisogna che tutti lavoriamo per prendere coscienza dell’esistenza di questo problema, ma la valutazione clinica ed endoscopica di un soggetto affetto da sindrome brachicefalica richiede conoscenze molto approfondite, e andrebbe affidata a medici veterinari altamente qualificati, che in Italia tra l’altro non mancano, diffidando di quanti propongono interventi chirurgici di dubbia utilità su pazienti paucisintomatici, a costi bassissimi e senza aver prima eseguito l’esame di stadiazione. L’esecuzione infatti di questo tipo di chirurgia da parte di colleghi inesperti o senza il rispetto degli standard minimi di sicurezza per il paziente, può avere conseguenze molto gravi anche fatali.


D: Può spiegare il motivo per cui molti soggetti affetti da tale sindrome sono portati al decesso durante il periodo estivo?


R: Nel cane il principale meccanismo di dispersione del calore in eccesso è rappresentato dalla sua eliminazione sotto forma di vapore acqueo attraverso l’aria espirata. Durante il suo passaggio all’interno delle cavità nasali, l’aria si riscalda saturandosi di vapore acqueo grazie all’ampia superficie di contatto garantita dalla presenza dei turbinati endonasali. La mucosa nasale funziona quindi come un radiatore, ed entro certi limiti, rappresenta un sistema di raffreddamento particolarmente efficiente.

Quando però, la temperatura e l’umidità ambientale aumentano, come accade nei mesi estivi, l’efficienza di questo sistema diminuisce e l’organismo può surriscaldarsi, andando incontro ad una condizione nota come “ipertermia” o “colpo di calore”. Si tratta di una condizione caratterizzata da un aumento della temperatura corporea al di sopra dei 41° associata a sintomi di disfunzione neurologica e grave risposta infiammatoria sistemica che può condurre ad insufficienza multipla d’organo e morte.

I cani di razza brachicefalica sono particolarmente predisposti ad andare incontro a “colpi di calore” in quanto, a causa della particolare conformazione delle prime vie aeree, i meccanismi preposti alla dispersione del calore in eccesso risultano insufficienti. In uno studio retrospettivo sull’analisi dei fattori di rischio di decesso condotto su 54 casi, il 25% era rappresentato da pazienti brachicefalici.Anche il sovrappeso, che spesso caratterizza i cani di queste razze rappresenta un fattore di rischio. Il trattamento chirurgico della sindrome brachicefalica può migliorare l’efficienza dell’apparato respiratorio, ma in questo caso la “prevenzione” assume un ruolo fondamentale. Bisogna proteggerli dal caldo eccessivo che caratterizza il nostro clima in certi periodi, e alcune semplici regole possono aiutare in questo. Evitare di portare fuori il cane nelle ore più calde della giornata, privilegiando le prime ore del mattino e quelle della sera. Lasciare sempre acqua fresca a disposizione e tenere il cane in un ambiente fresco e ventilato ed evitare l’aumento di peso.

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